venerdì 18 luglio 2008

Intervista alla Presidente dell’Associazione nazionale coordinamento comitati pari opportunità (UniCpo)


Fiorenza Taricone, studiosa di pensiero politico e questione femminile ci spiega la funzione dei Comitati di pari opportunità e della associazione che li riunisce

di Rossella Bufano

D Lei è presidente dell’Associazione nazionale coordinamento comitati pari opportunità universitari. Ci spiega le funzioni di questo organismo?

R L’associazione ha per acronimo UniCpo che sta per “Università Comitati pari opportunità”, per cui è bene precisare che “UniCpo” e “Associazione nazionale coordinamento comitati pari opportunità” sono la stessa cosa. L’associazione nasce con l’obiettivo, in primo luogo, di diffondere e applicare le politiche di pari opportunità negli atenei, rivolgendoci quindi alla componente docente, tecnico-amministrativa e studentesca. Per poter procedere abbiamo quindi bisogno di censire i Comitati di pari opportunità regolarmente costituiti e attivi all’interno del mondo universitario, sapere in breve di quante e quali forze disporre. Il fine ultimo è quello di incentivarne la costituzione regolare o in taluni casi di procedere al rinnovo di quelli scaduti.

D Quando è stato costituito l’UniCpo?

R La costituzione in associazione è l’epilogo di un percorso lungo e sofferto iniziato nel 1998 a Genova quando fu fondato un Coordinamento dei Comitati Pari Opportunità universitari, presieduto da Grazia Morra, attiva ancora oggi nell’associazione. Nel corso di questi anni il Coordinamento ha continuato a riunirsi in varie città italiane, a costruire stimoli e iniziative. Ha organizzato momenti ufficiali di lavoro come i convegni e la pubblicazione degli Atti, e ha tentato di aggiornare la mappatura dei Comitati forniti dei requisiti previsti dalle leggi. A seguito di contatti avuti con il Ministero Pari Opportunità, Ministra S. Prestigiacomo, il Coordinamento ha riflettuto sulla opportunità di trasformarsi in associazione e quindi assumere una veste giuridica strutturata rispetto alla informalità di un coordinamento. La costituzione è avvenuta nel convegno di Pavia del 2005 mentre l’elezione degli organi interni è avvenuta a Siena nell’ottobre del 2006 e in quell’occasione sono stata, appunto, eletta presidente dell’associazione.

D I Comitati di pari opportunità, invece, da quando esistono? E a chi si rivolgono?

R La nascita dei Comitati di pari opportunità è stata sancita dalla L. 125/91 sulle azioni positive nelle amministrazioni pubbliche e private, sempre con la finalità di avviare pratiche culturali e politiche ispirate ai principi delle pari opportunità. Ma all’interno delle università, erano già previsti da un DPR del 1987 e riguardavano inizialmente il personale contrattualizzato, cioè il personale tecnico-amministrativo. In seguito gli interventi sono stati estesi alla componente docente e hanno riguardato, quindi, anche la trasmissione culturale alle giovani generazioni e la tematica delle discipline di genere.

D Può farci qualche esempio di azioni realizzate?

R Per il personale docente e tecnico-amministrativo sono stati formulati i codici di condotta sul mobbing e la prevenzione per le molestie morali e sessuali. Questi implicano anche la nomina di una consigliera di fiducia alla quale spetta accogliere le denunce e risolvere la vicenda segnalata. Qualora emergono aspetti penali, il caso passa di competenza alla consigliera di parità sul territorio.
Un altro esempio è la proposta talvolta realizzata in alcune università di asili nido aziendali, che sono utili non solo al personale tecnico-amministrativo ma anche alle e ai docenti che vivono nella città dove lavorano.
Sul piano culturale va ricordato lo sforzo di trasmettere alle giovani generazioni un sapere che tenga conto anche delle acquisizioni degli studi femministi e di genere. Attivare discipline di genere all’interno di curricula già previsti, è impresa non facile, talvolta viene agevolata dalla istituzione di nuovi corsi di laurea, come nel mio caso per il Corso di laurea di Scienze della comunicazione a Sora, polo didattico di Cassino. Nella laurea specialistica ho attivato “Pensiero politico e questione femminile”, analoga materia insegnata già da anni da Ginevra Conti Odorisio presso l’università Roma Tre, per citare due esempi.

D Diceva che UniCpo dovrebbe censire i Comitati di pari opportunità presenti sul territorio. Questo vuol dire che non se ne conosce la consistenza?

R Esattamente. Molti comitati sono nati solo sulla carta, altri sono stati voluti e ispirati da politiche maschili, altri ancora, una volta terminato il budget messo a disposizione, hanno interrotto la loro attività. Se ne deduce che la loro presenza sul territorio è a macchia di leopardo, ma è una realtà che non si conosce con precisione.

D Lei studia da anni l’associazionismo femminile e coerentemente lo pratica. Com’è oggi il rapporto tra donne?

R Le donne sono capaci di operare in straordinaria sintonia oppure di impedire e ostacolare qualsiasi forma di “rete”. Purtroppo una componente immancabile nell’associazionismo femminile è l’antagonismo che vede gruppi di donne porsi in contrapposizione ad altri.

D Cosa scatena l’antagonismo?

R Il rapporto con il potere. La donna deve avere il coraggio di riconoscerne la non estraneità rispetto al genere femminile, anzi spesso la forza di attrazione, ma allo stesso tempo, una familiarità neanche lontanamente paragonabile a quella che hanno potuto intrattenere gli uomini. Le regole e le dinamiche del potere sono state cucite addosso agli uomini, adattate alle loro esigenze, anche se conservano una buona dose di astrattezza che prescinde dal sesso, e implicano regole che talvolta prescindono dal sesso. Tuttavia le donne quando lo approcciano, ricalcano le modalità di antagonismo tipicamente maschile, peggiorato dalla rivalità tipicamente femminile.

D Questo antagonismo è presente anche nell’UniCpo?

R Sì. Moderatamente all’interno, ma è forte all’esterno da parte di altri raggruppamenti femminili.

D C’è una causa particolare?

R Abbiamo cercato di sviscerare l’origine della conflittualità, o meglio di porci sul terreno della ragione, ma occorre onestamente dire che ci si imbatte spesso in una conflittualità fine a se stessa, pretestuosa e che nasconde evidentemente altri fini. Comunque, per riassumere e farci capire da chi legge, l’associazione si è data uno statuto che prevede la partecipazione non solo ai comitati ma anche a singole persone, rappresentative per la loro attività presente e passata nei comitati o nelle politiche di pari opportunità. Le ostilità sono nate appunto dal fatto che nell’associazione così concepita il ruolo dei Comitati universitari perde d’importanza. Ma vorrei chiarire al riguardo due punti fondamentali. Il primo è che lo statuto dà maggiore peso ai comitati, come è giusto che sia, e non ai singoli, naturalmente in sede di assemblea generale deliberante. Il secondo punto è che con questa apertura l’associazione ha inteso non rinunciare anzi continuare a valorizzare le esperienze di singole persone che non fanno più parte dei comitati (organi temporanei e rieleggibili). La conservazione della memoria storica al suo interno ha voluto rappresentare per l’associazione un chiaro segno di gratitudine verso chi ha bene operato e un tentativo di non ricominciare sempre daccapo, ignorando la memoria storica di chi ci ha preceduto e peccando di ingratitudine, un tratto frequente nella storia delle donne.

D Al momento dunque l’attività dell’UniCpo è interrotta?

R No, anzi è in piena evoluzione. Abbiamo portato a termine uno degli obiettivi del Protocollo d’intesa siglato con la Rete Nazionale delle Consigliere di Parità, Ministero del Lavoro, e di un secondo siglato con il Dipartimento Pari Opportunità, cioè la raccolta dei dati per il censimento dei comitati e in questi mesi abbiamo provveduto ad un secondo invio della scheda censimento per l’ultima verifica. I risultati saranno presentati a Roma tra settembre e ottobre prossimi, alla presenza delle istituzioni menzionate.

D Le faccio un’ultima domanda. Studia, insegna e si occupa di “genere”. Che ne pensa della cosiddetta “differenza di genere”?

R Spesso si sente dire o si legge che le associazioni femminili che hanno preceduto il femminismo degli anni Settanta, cioè quelle dei primi ’900 erano emancipazioniste, cioè volevano prevalentemente una eguaglianza con l’uomo, quasi una assimilazione con esso, mentre il femminismo successivo ha teorizzato la differenza fra i due sessi, privilegiando l’irriducibilità di un sesso all’altro. Io non credo che le epoche possano essere viste come rappresentative di una sola caratteristica. La storia è sempre mista e contaminata. Per quanto mi riguarda, non condivido una differenza intesa come dato biologico, mentre sostengo la validità del genere come categoria storico-culturale-politica, che muta con la storia e con l’intervento in essa della prassi femminile.

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