mercoledì 24 giugno 2009

Italiani divisi tra tv trash e Calimero

di Cristina Cagnazzo, Maura Cesaria, Livia Giuri e Gianluca Matarrelli

Quanto sono sinceri gli italiani nell’ammettere il proprio rapporto morboso con la tv spazzatura? Apparentemente l’Italia sembra divisa: poco più della metà dei suoi telespettatori si dichiara favorevole al boicottaggio della tv trash. Questo è quanto emerge da un sondaggio di excite.it, portale e motore di ricerca tra i più cliccati dagli internauti nostrani. Ma l’auditel riporta giornalmente i successi incontrastati di programmi come Uomini e donne, Amici, Grande fratello, L’isola dei famosi, e gli innumerevoli format che riempiono quotidianamente il palinsesto delle reti nazionali.


E allora perché amiamo “di nascosto” i programmi della De Filippi e della Ventura? Forse perché ore sfiancanti di lavoro lasciano spazio solo e preferibilmente alla tv “leggera”? O perché a trionfare è sempre la regola delle tre “s”: sangue, sesso e soldi? Di certo, vedere un vip piangere, litigare e fare la fame su un’isola da sogno, riscatta, con il sadismo, l’invidia del pubblico. E del resto si appaga il bisogno di immedesimazione in tronisti e gieffini, gente comune che senza arte né parte, da un giorno all’altro, si ritrova a cavalcare l’onda del successo e si arricchisce senza il minimo sforzo.

Sono lontani i tempi del Carosello, della tanto rimpianta tv pedagogizzante, fondata sul buon esempio e sulla qualità e non sugli esiti dello share. Ora invece i programmi mostrano personaggi costruiti che giudicano il mondo circostante in base a parametri superficiali, dove ciò che conta è innanzitutto l’aspetto esteriore e il denaro.

Le trasmissioni si costruiscono sul nulla, l’amore è una favola-farsa, le urla da mercato calamitano l’attenzione dello spettatore ipnotizzato, la sensualità diventa l’amo che sostituisce la creatività. Così si passa da una televisione “per tutti” a una televisione “di tutti”, dove la mediocrità è protagonista indiscussa delle scene, nascondendosi dietro l’alibi di una tv democratica.

Non resta che domandarci con nostalgia e un po’ di amarezza: chi verrà processato per la morte di Calimero?

Facebook e Google: non solo ricerca

di Laura Sticchi, Manuela Paiano, Maria Antonietta Frisulli

Stanco del solito colloquio? Di fare file in biblioteca? Adesso basta un click.
Nell’era in cui impazzano i social network, milioni di utenti ricorrono a internet non solo per ritrovare vecchi amici su Facebook o eseguire improbabili ricerche su Google, ma anche per curare contatti a scopo professionale.

Le ultime tendenze in campo lavorativo, infatti, passano oggi anche attraverso il web. L’idea di utilizzare la rete come spazio in cui veicolano posti di lavoro, contatti, curricula, ecc. si è recentemente concretizzata con la nascita di siti ad hoc, detti business social network.

I due più importanti sono LinkedIn e Xing. Quest’ultimo in particolare registra attualmente circa 6 milioni di utenti e spopola nel mercato spagnolo e sudamericano.
Ma è davvero possibile trovare lavoro tramite i social network?
Come in ogni situazione ci sono i pro e i contro.

Da una parte internet riduce i tempi e facilita lo scambio di informazioni mettendo in comunicazione contemporaneamente più angoli del pianeta e diventa un potente veicolo per operazioni commerciali e di marketing. Dall’altro il social network, se mal gestito, può provocare un terribile effetto boomerang.
Violazioni della privacy, furti d’identità, pubblicità spam, circolazione sempre più diffusa di materiale pedo-pornografico, sono purtroppo, gli inconvenienti in cui ci si può imbattere quotidianamente.

Evitare tutto ciò è possibile. La consapevolezza del rischio dev’essere la costante per l’utente che opera nell’ambito strettamente virtuale e che mette a disposizione di chiunque dati sensibili e informazioni personali suscettibili di diventare di pubblico dominio.

A ogni modo la voglia di comunicare è resa evidente dall’ingente numero di utenti che frequentano costantemente Facebook, Google & Co. e che consentono un impressionante giro d’affari, fino a essere addirittura quotati in borsa.

Se la storia della comunicazione è passata dai geroglifici al battito della tastiera, quale sarà il prossimo passo?