martedì 2 marzo 2010

La carta d’identità di uno Stato in crisi


di Maria Beatrice Protino

Pubblicato da Mondadori nell’ottobre del 2009, questo de “L’Italia de noantri” è l’ultimo libro di un giornalista scrupoloso e attento, dal 2003 firma del Corriere della sera, Aldo Cazzullo.
“Noantri” fa da trois d’union dell'Italia di oggi, frammentata in clan e famiglie e in cui il dominio dei rapporti personali ha la meglio sul merito.
Attraverso un’analisi capillare e appassionata racconta la crisi del Paese e traccia l’identikit dell’italiano nuovo con toni tutt’altro che romantici.

L’Italia si sta meridionalizzando

Al Nord si evade il fisco e si teme lo Stato come un nemico, si mette a frutto il denaro mafioso proprio come nel Meridione. «Forse al Nord si evade il fisco meno che al Sud? Forse il traffico è meno congestionato e non si suona il clacson per strada? Forse al Nord non si paga il pizzo, non si pratica l'usura, non si sfrutta la prostituzione, non si cede al racket, non si accolgono gli investimenti della camorra?». Gli abitanti del Bel Paese, scrive, «hanno gli stessi modelli di riferimento, gli stessi eroi positivi e negati, gli stessi personaggi di culto». Ed ancora: «Gli italiani sembrano aver perso la voglia di sacrificarsi e di lavorare duro e preferiscono ereditare il lavoro piuttosto che cercarselo; il Sud non riesce a esportare il suo frutto migliore, il calore umano; il Paese non è mai stato così frammentato eppure così uguale dal Piemonte alla Sicilia: unificato dall’egemonia di Roma e del Mezzogiorno».

Excursus

Aldo Cazzullo parte dalla sua città, Alba – che oggi vive di turismo quasi come Taormina – dove ancora trent’anni fa «i miei nonni non avrebbero mai mangiato una pizza» e, soprattutto, «come qualsiasi langhetto della loro generazione, non avrebbero mai mangiato per strada». Narra di un passaggio da un Piemonte piccolo borghese a un Piemonte che ha rinunciato all’idea di diversità dal resto del paese. Narra delle Langhe, cuore dello scandalo del Grinzane Cavour sino ad arrivare a Roma del Palazzo e dei Vanzina, del Vaticano e dei Cesaroni, capitale de noantri sino al Sud, che nel costume e nel linguaggio, dalla mafia a Padre Pio, ha ormai imposto il suo primato culturale al Nord.

Il “familismo”

Il cancro dell’Italia: il “familismo”, il senso di fedeltà e di appartenenza al partito, al burocrate e all’ordine professionale, prevale sul merito. Esso non prospera perché «una mente perversa ne governa le redini, ma perché si fonda su un vasto consenso, o perlomeno su un'inveterata abitudine». Tra i vari fattori di «unificazione nazionale», il giornalista ricorda anche Silvio Berlusconi, «come a suo tempo la Dc e il Duce». Solo che il suo consenso è «distribuito in modo più uniforme» di quello della Dc e, a differenza del Duce, «non ha mai preteso di trasformare gli italiani».
Per ultimo entra nella Chiesa, svelando storie di sacerdoti e cardinali, con i retroscena dell’elezione del pontificato di Benedetto XVI. Chiesa, Cei e Vaticano, scrive Cazzullo, sono per gli italiani «una sorta di assicurazione sulla vita eterna», tra fede autentica, consuetudine e «tornaconto politico o personale».





Articolo tratto da Ripensandoci

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