giovedì 28 agosto 2008

Questione di sensi di Adriana Maria Leaci

Ti accorgerai quando l’età non ti concederà di aguzzarli ancora.

Scoprirai che c’è un senso che serve ad ogni ora

ed un senso che ti chiede di capire il proprio tempo.

Finché non li assaporiamo tutti, non possiamo dire

di aver vissuto in pieno, fosse anche da vecchi.

Provare la delizia di ogni senso, nella completezza che, lo stesso,

è capace di offrire, e trasportare il tutto nella cassaforte della memoria,

per dopo soffermarci nei momenti in cui non ci restano che ricordi.

Quando meno ci aspettiamo siamo lì, a trafugare in fondo,

nella mente assopita dagli eventi accumulati negli anni:

sapori, odori, rumori, immagini e sensazioni.

Quei cinque sensi che hanno segnato tutti i giorni di un’esistenza.

A cominciare dall’infanzia, il più lontano ricordo

che non può portare oltre a delle sensazioni visive e tattili,

di cose che non esistono più, e che ci chiediamo come mai?

se era così bello…

Poco prima dell’adolescenza, nell’età della lingua, direi,

quella che ti ricorda un sapore di un non so ché,

che non esiste più, e ti chiedi come mai,

se era così buono…

In piena giovinezza, l’età dell’udito,

quella che ti fa conservare i rumori tanto quanto i rancori,

quando le canzoni ti fanno innamorare.

In verità è allora che tutti i sensi sono molto all’erta,

con la funzione di piacere e di piacerti,

e tu nemmeno sai che è l’età del vero godimento.

Potrai ricordare poi, quando di sensi

ne avrai già perso qualcuno, e non solo quelli,

e ti accorgerai che più di un piacere non esiste più,

e ti chiederai come mai,

se era tutto così perfetto…

sabato 16 agosto 2008

Che fine ha fatto Mr. Y di Scarlett Thomas (Newton Compton, 2008)

Chissà perché quando penso a un libro maledetto, subito mi viene in mente il Necronomicon di H.P. Lovecraft, un’opera che lo scrittore di Providence ha consegnato alla storia della letteratura come gigantesco contenitore di abominii che viaggiano nel tempo e lo spazio per dominare mondi e creature. Ed è l’unica associazione che ho fatto, forse l’unica che poteva saltarmi in mente, leggendo lo splendido libro di Scarlett Thomas edito dalla Newton Compton dal titolo Che fine ha fatto Mr. Y. E lo Spazio-Tempo, le sue dinamiche, il viaggio in universi paralleli, e l’incontro con divinità mostruose (nell’accezione latina di monstrum come ciò che appare straordinario) è il filo conduttore delle vicende che sorreggono la vita narrativa della protagonista Ariel Manto. Giovane ricercatrice della British University, che a seguito della scomparsa del suo mentore, e al crollo di una parte della sua università, viene diretta dal Caso (in questo caso specifico il suo anagramma Caos è molto più pertinente) in un negozio di libri usati dove trova il tassello mancante per una sua ricerca su un autore singolare e misterioso come Lumas: ovvero la sua ultima opera dal titolo per l’appunto Che fine ha fatto Mr. Y. Questo scrittore, la cui vita era stata avvolta più da zone d’ombra che da una fulgida e trasparente esistenza, aveva sviluppato una serie di esperimenti sul potere della mente e su come grazie a singolari e potentissime energie mentali eteriche insite in ciascun individuo umano, ovviamente con il supporto di una particolare mistura la cui ricetta veniva indicata all’interno del grimorio maledetto, il viaggio in dimensioni diverse dalla nostra non solo risultava possibile, ma addirittura con la debita pratica si riusciva a entrare nella mente di altri soggetti sia persone che animali modificandone comportamenti e scelte, ma anche spostarsi (attraverso la Pedesis) nel tempo per modificare la Storia, le Storie. Il mondo in cui tutto ciò è possibile nel libro si chiama Troposfera, e il suo Dio-Guida è Apollo Smintheus, mezzo uomo e mezzo topo, divinità pagana venerata da uno sparuto gruppo di seguaci (più o meno sei persone che a lui hanno dedicato un culto in una piccola cittadina di provincia del nord-america) che orienterà le azioni di Ariel Manto salvandola da agenti psichici dell’Intelligence Americana facenti parte di un progetto segretissimo chiamato Starlight per il controllo delle menti (la Cia ma potrebbe essere tranquillamente l’FBI -ndc), desiderosi di impossessarsi della formula forse per creare, chissà, un super-soldato. I punti di forza che rendono affascinante un personaggio come Ariel Manto è il suo appeal da bella tenebrosa, e sessualmente famelica, con un pizzico d’aria bohemien che non disturba affatto. Le peculiarità che rendono completo, avvincente, godibilissimo questo lavoro, è che con assoluta disinvoltura si parli di Deridda, Einstein, e Heidegger, sviluppando per quest’ultimo l’ipotesi dell’esserci (Dasein) come perfetta gestazione causale di effetti nella realtà da parte del linguaggio, ovvero una vera e propria fenomenologia della liberazione umana, da condizionamenti, imposti al di fuori delle proprie coscienze ed esistenze. Chicca delle chicche, la teorizzazione da parte di una scienziata, una delle protagoniste secondarie dell’opera, con considerazioni scientifiche fatte in maniera davvero puntuale e rigorosa ,della fisica post-strutturalista. Non cedete alla tentazione,dopoaverletto questolibrodi pensare a Matrix… è veramente ètutta un’altra storia! E poi …siamo sicuri che Scarlett Thomas abbia scritto quest’opera come frutto di pura invenzione?

recensione di Stefano Donno

Titolo originale: The End of Mr Y.

Traduzione di Milvia Faccia

mercoledì 6 agosto 2008

Riccardo Reim e le sue fate

Tullio Pinelli è uno dei più illustri e importanti sceneggiatori italiani. Ormai è uno dei “mammasantissima” dell’olimpo culturale italiano, riconosciuto e certificato. Lo ricordiamo per aver collaborato con Federico Fellini alla sceneggiatura dei film Luci del varietà, Lo sceicco bianco, I vitelloni, La strada, Le notti di Cabiria, Il bidone, La dolce vita sino al mitico trittico di Amici miei per Mario Monicelli. Tutte cose che al cinema o in tv in molti, moltissimi hanno potuto veder e, gustare, partecipando emotivamente alle vicende degli splendidi personaggi, singolari, un po’ fuori le righe, da Pinelli creati. Ma Pinelli lo ricordiamo anche per bellissime prove di narrativa come La casa di Robespierre (Sellerio) o l’ultimissimo Innamorarsi, una raccolta di racconti per la neonata Edizioni Controluce. Partiamo proprio da Pinelli perché è stato forse l’unico, o uno dei pochissimi, a fondere diversi registri, quello cinematografico, teatrale, e scritturale ottenendo risultati singolari per freschezza e vivacità. Sembra che nella più immediata contemporaneità, per certi aspetti un suo degno erede, sia proprio Riccardo Reim nel suo interessante Il tango delle fate edito da Hacca. Scrittore, regista, attore ha avuto l’opportunità con questa sua nuova avventura narrativa di mostrare come sia possibile giocare sulle diverse combinazioni di esistenze possibili, oggi più che mai nell’era della trasformazione e della mutazione. L’oggetto del “massacro” è l’Io, anzi uno dei possibili Io del protagonista, in bilico sul baratro di una non-presenza nella realtà, di una non-aderenza circa la ricerca di una sua identità… necessaria alla resa dei conti? Problemini di tal sorta li lasciamo alla psicologia da salotto. Già perchè il/la protagonista (magistrale la tenuta di stile nel destreggiarsi in un mondo misero e piccolo piccolo, grigio, bastardo e volgare, effettuando un vero e proprio salto di paradigma sulla sessualità, divenendo una voce poli-sessuale a tutti gli effetti) , Caminito (traduciamo sentiero) danzatrice/danzatore di tango, e Bernadette, allucinazione psico-mistica con evidente riferimento alla bambina di Lourdes, sono personaggi d’un’opera aperta e forse tutta ancora da scrivere, che nulla hanno da invidiare ai 6 personaggi in cerca d’autore di Pirandello. Stessi vuoti, stesse penombre, stesso riso amaro, stessa disperazione. Caminito, animaletto strano, voglioso di una vita normale, di un amore normale, di affetti e oggetti quotidiani normali, anche a costo di tagliare con un trancio netto ,una parte di sé. Non ci vedo nulla di un’interiorizzazione da parte di Reim del declino post-industriale dell’individuo o dell’alienazione da abitante dell’oggi turbo-capitalistico. Anzi, ci vedo un godere meraviglioso della e per la vita, nonostante tutto, nonostante le privazioni, le amputazioni, le rinunce, le preghiere, e nonostante tutto il ben volere delle “fate” e la protezione di una grande, gigantesca, infinitamente ed eburneamente amorevole “Signora” …. Una ricerca forse del Bello da parte di Riccardo Reim, senza se e senza ma, che a parte le macerie, vuole portare alla luce anche nelle piccole cose di ogni giorno: “ La domenica, tutte le patriarcali famiglie che uscivano dalla messa al Duomo o alle vicine chiese di San Bernardino e San Domenico Maggiore, acquistavano immancabilmente le otto, dieci, dodici paste destinate a dare la ghiotta nota finale al pranzo della festa: paste gigantesche, gravide di crema e di panna, lustre di glassa, spolverizzate di vaniglia e cacao. Sfogliatelle scagliose che crocchiavano come vetro sotto i denti mentre il ripieno di ricotta e canditi si liquefaceva sulla lingua; morbide ciambelle che si sfarinavano addentadole, cosparse di zucchero granellato e uvetta; crostate di pastafrolla ricoperte da un fitto strato di confettura che impiastricciava le labbra; croccanti al miele tempestati di mandorle e pinoli …” Cos’altro da aggiungere…

di Stefano Donno

venerdì 1 agosto 2008

Cammino nella vera terra

“CAMMINO NELLA VERA TERRA”

PERSONALE DI
PAOLO GRIMALDI ED ELFRIDA GUBBINI

CASTELLO DI OTRANTO
DAL 1 AL 17 AGOSTO 2008
h: 09.30/13.00 - 16.00/ 21.00

Si inaugura oggi, venerdì 1° agosto, la personale di Paolo Grimaldi ed Elfrida Gubbini: “Cammino nella vera terra” al Castello Aragonese di Otranto. La mostra è organizzata con il Patrocinio del Comune di Otranto. Il progetto artistico è a cura di Alessandro Turco.
Il vernissage avrà inizio alle 21.30 con la performance di lettura del poeta Elio Coriano quindi brani di musica popolare salentina, con l’intervento di Valentina e Marianna Cariulo, Silvia Coppola, Lucia Passaseo e della ballerina Serena D’Amato.
Gli ospiti saranno accolti, nelle sale del Castello, da alcune figuranti, che omaggeranno i due artisti umbri, in abiti in uso nel medioevo e di proprietà della Gaita "San Giovanni", di Bevagna, frazione di Foligno . Le indossatrici sono Francesca Cavalera (finalista al concorso Miss Italia 2007), Angela Spedicato, Danila Martina ed Elena Serio (prefinaliste al concorso Miss Italia 2007), Monica Massafra (fascia Miss Wella ) e Valentina Frisone.
Con un’esposizione congiunta, Paolo Grimaldi ed Elfrida Gubbini, danno seguito, con le loro opere, alle proprie esperienze di viaggio nel Salento. Due viaggiatori, dunque, che hanno raccolto forme, luci, colori, testimonianze oggettuali del Salento e filtrato, elaborato e sintetizzato attraverso lo sguardo artistico maschile e femminile esperienze tattilo-visive raccolte in una serie di opere nate come omaggio alla bellezza "completa" della vera terra.
Paolo Grimaldi, figlio di un editore triestino, inizia a dipingere giovanissimo, frequenta gli studi di artisti spagnoli. Dopo numerosi viaggi all’estero, prendono forma i “Borghi Onirici” che diventeranno il motivo principale della sua pittura. I suoi quadri, con il tempo, si arricchiscono di esili lune a falce per cui la luce diventa magica, metafisica. Ha esposto anche a New York, Los Angeles, Nizza, Strasburgo, Madrid e per il Festival delle Sette Lune a Lisbona. Oggi è uno dei pochi pittori europei che utilizza tecniche di pittura medievale e la tecnica di doratura in uso nel trecento.
Elfrida Gubbini è docente di disegno e storia del costume. La sua produzione artistica spazia dalla pittura di genere paesaggistico al bassorilievo. La sua arte parte dall’osservazione di oggetti e simboli antichi, riletti attraverso l’ottica dell’astrattismo materico. I suoi quadri passano dai paesaggi segnati da lunghe e profonde incisioni colorate, alle nature morte intessute di fili e corde d’oro, d’argento e di rame, fino alle tavole materiche dalle quali, corde, rami, crepe emergono e si interrano in un gioco raffinato. Ci sono, poi, i bassorilievi in gesso, pietra e sabbia, pannelli-scultura come antiche formelle ritrovate, e tracce d’alberi andati in fumo e antichi sentieri inglobati nel gesso e schegge di pietra e corde con le quali lega i ricordi di civiltà trascorse. E’ stata assistente di Piero D’Orazio.

Info Alessandro Turco: 347.1124885